Terzo Settore, via libera dell’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna alla legge regionale

Tra le novità il fondo per l'innovazione sociale, il consiglio regionale per il no profit

Sostegno e promozione, riconoscimento, valorizzazione e semplificazione. Sono gli obiettivi principali della nuova legge regionale per il Terzo settore e l’amministrazione condivisa approvata oggi dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna.

Ultima tappa di un percorso guidato dal primo firmatario Federico Amico, capogruppo di Emilia-Romagna Coraggiosa, insieme alla relatrice Francesca Maletti del Partito Democratico. Due anni di ricerca, ascolto e confronto per 120 incontri, da Piacenza a Rimini, con associazioni, amministratori pubblici e portatori di interesse.

«La riforma nazionale del Terzo settore del 2017 ha lasciato un vuoto – spiega il consigliere Amico – che oggi vogliamo colmare offrendo un quadro certo di riferimento al mondo del no profit ma non solo. A partire dalla definizione di linee guida operative per l’amministrazione condivisa e di tutte le modalità con cui il Terzo settore si può raccordare con gli enti pubblici per integrare servizi e attività. La nuova legge vuole riconoscere, valorizzare e sostenere un mondo capace di attivare energie straordinarie, senza le quali la vita di tutta la comunità sarebbe molto più povera». Dopo Toscana e Umbria, anche l’Emilia Romagna si dota di una legge ritagliata sui bisogni no profit del territorio e delle amministrazioni pubbliche. La prima a ridisegnare il sistema della rappresentanza del Terzo settore, semplificare il carico burocratico che grava sulle spalle delle associazioni più piccole e ad accedere al fondo sociale europeo per il no profit.

“Con la nuova legge – sintetizza Maletti – vogliamo riscrivere il futuro dei servizi e delle attività in Emilia-Romagna secondo due direttrici: quella della co-programmazione e quella della coprogettazione. Siamo consapevoli che la riforma nazionale del Terzo Settore del 2017 abbia presentato un ostacolo per molti enti e organizzazioni no profit. La burocrazia invece di alleggerirsi, si è aggravata e per molte realtà è diventata un peso insostenibile. Con la nostra legge vogliamo ridurre il più possibile i disagi, rendendo più fluidi e meno macchinosi gli scambi di informazioni e di servizi tra pubblico e privato sociale. Tra Comuni, Aziende Sanitarie e Istituzioni e associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariato e imprese sociali” specifica Maletti.

Significative le novità introdotte dalla norma regionale. Su tutte, il Fondo per l’innovazione sociale, che può contare su una dotazione di un milione e mezzo di euro, istituito con l’obiettivo di finanziare processi e progetti messi in campo dalle amministrazioni pubbliche insieme al Terzo settore secondo i principi e le pratiche dell’amministrazione condivisa. Una collaborazione paritaria tra “cittadini attivi” ed enti locali per rispondere più adeguatamente e in modo innovativo ai bisogni delle comunità, che consentirà per esempio di trasformare una biblioteca in un centro culturale per connettere persone, arti e saperi, di far evolvere i centri sociali in case di quartiere aperte a tutti, di progettare un nuovo playground insieme ai giovani che lo utilizzeranno oppure di co-progettare servizi di prossimità come doposcuola, attività per gli anziani o percorsi di agricoltura urbana. 

In secondo luogo la nuova normativa istituisce il Consiglio regionale del Terzo settore – che sostituirà l’attuale Conferenza regionale del Terzo settore – partecipato anche da soggetti finora esclusi come i centri di servizio del volontariato, le fondazioni di origine bancaria, gli enti locali, l’Assemblea legislativa stessa. Il Consiglio sarà affiancato dall’Osservatorio del Terzo settore e dell’amministrazione condivisa, che condurrà analisi e approfondimenti sui soggetti iscritti al Registro unico nazionale e sui processi di amministrazione condivisa attivati nei territori. A compimento del raccordo tra Regione e Terzo settore, sarà istituita l’Assemblea annuale dove saranno condivisi dati e rapporti. 

La nuova legge semplificherà la vita alle organizzazioni di Terzo settore, anche alle più piccole, chiarendo una volta per tutte gli aspetti burocratici e garantendo su tutto il territorio gli stessi vantaggi in materia di urbanistica e concessione dei beni pubblici. Le associazioni quindi non saranno più obbligate a cambiare la destinazione d’uso degli spazi che utilizzano, così come verranno esonerate dal contributo di costruzione. Inoltre gli enti no profit saranno destinatari privilegiati per la concessione in comodato o a canone calmierato di beni mobili e immobili di proprietà pubblica. La legge infine stabilisce che dopo l’iscrizione al Registro unico del Terzo settore, secondo il principio di once only, la documentazione consegnata e aggiornata periodicamente non dovrà essere richiesta altre volte dagli enti pubblici, a partire dalla Regione.

«Al centro del lavoro legislativo della legge regionale – conclude Amico – abbiamo inserito il principio di sussidiarietà orizzontale che è scolpito nella Costituzione. Per realizzare l’amministrazione condivisa la Regione è chiamata a facilitare l’incontro tra gli enti pubblici del territorio e il Terzo settore. Poiché si tratta di una materia inedita e innovativa, la norma promuove strumenti di formazione congiunta tra enti di Terzo settore e pubblica amministrazione per definire procedure condivise, costruire un “linguaggio comune” e pratiche uniformi».

Insieme all’approvazione della Legge sono stati discussi e approvati due ordini del giorno collegati, frutto del dialogo con il Terzo settore emiliano-romagnolo. Il primo raccoglie la richiesta d’aiuto del volontariato e dell’associazionismo meno strutturato e impegna l’Assemblea Legislativa a procedere nella richiesta di ulteriori semplificazioni del quadro normativo nazionale. Oltre il 61% degli enti di Terzo settore ha infatti un bilancio annuo inferiore ai 60mila euro. «Riteniamo – spiegano Amico e Maletti – che gli scaglioni ora previsti per questi soggetti debbano avere ulteriore frazionamento e prevedere per gli enti di minore dimensione strumenti di semplificazione maggiore. Non dobbiamo disperdere quel patrimonio inestimabile di coinvolgimento delle comunità che oggi caratterizza la presenza sul territorio regionale delle risposte a bisogni e desideri dei cittadini. Gli strumenti di legittimazione che si ottengono tramite l’iscrizione al Registro unico del Terzo settore debbono essere pertanto orientati alla valorizzazione anche delle esperienze minori che spesso esercitano caratteri di innovazione».

Il secondo ribadisce come per i trasporti sanitari, integrati con l’apporto delle pubbliche assistenze (ANPAS), della Croce Rossa Italiana (CRI), delle Misericordie, sia un valore aggiunto per l’attivazione di numerosi volontari che attraverso queste attività sviluppano una partecipazione civica di rilievo. «L’ordine del giorno – precisano i due consiglieri di maggioranza – chiede di prevedere priorità e premialità nelle convenzioni da stipulare con le organizzazioni di volontariato che coinvolgono per lo svolgimento di queste attività prevalentemente l’impegno di volontari».